Siamo all'alba di una nuova estate e nulla pare cambiare davvero per il sistema di emergenza. In particolare, per gli infermieri, che operano in una miriade di sistemi differenti, che a loro volta riconoscono a questi professionisti miriadi di competenze altrettanto differenti a seconda non dei titoli posseduti, quindi delle reali competenze certificate, ma dei bisogni contingenti degli specifici setting, in una situazione di delirio e difformità organizzativa che spesso si realizza anche tra provincie limitrofe.
Una situazione, questa, ovviamente demotivante e, quel che è peggio, certamente non tesa al miglioramento dell'assistenza erogabile.
Abbiamo sentito parlare, fino allo sfinimento, di valorizzazione delle competenze infermieristiche in quest'area, di titoli di studio dedicati, di riforme organiche dell’intero assetto dell'emergenza urgenza nazionale. Ad oggi niente si intravede all'orizzonte che vada realmente in questo senso e, soprattutto, oltre alle facili passerelle di pochi ormai sempre meno rappresentativi nei fatti.
Ancora una volta, da quanto ci arriva, si discutono contratti che non riconoscono la peculiarità della figura infermieristica in questo setting. Ma non è solo un problema di contrattazione.
Il problema sta nel riconoscimento e nella valorizzazione del ruolo infermieristico, sempre più centrale nell’assistenza in emergenza urgenza. Un ruolo che gli infermieri hanno saputo conquistarsi negli anni, anche a fronte di aspre battaglie, adesso sopite ma mai realmente vinte.
Un osservatore attento, analizzando questo periodo, noterà certamente come ci si trovi in una fase quiescente, quasi di attesa. La domanda e però:” in attesa di che cosa?”
Sì, perché gli infermieri, come tutto il personale dell'emergenza urgenza, eroi di ieri, oggi nell'oblio, hanno certamente atteso abbastanza. Hanno dimostrato, dove gli è stato consentito di farlo, di essere il professionista giusto per poter gestire anche in autonomia molte situazioni a criticità medio alta che si presentino sul territorio. Hanno dimostrato, sempre dove gli è stato consentito di farlo, di poter creare e gestire percorsi di assoluto interesse quali il see&treat ed il triage nei pronto soccorso. Hanno dimostrato di tenere talmente tanto al sistema e alle sue ricadute sulla cittadinanza da fare questo, commettendo probabilmente un grave errore, a costo zero. Di cosa c'è bisogno ancora?
Credo che la risposta giusta sia: “di coraggio.”. Il coraggio di dare valore a una risorsa, quella del personale infermieristico, che non è infinita e che non sarà in grado certamente di auto motivarsi all'infinito.
Resta da mesi e mesi inascoltato anche il grido di aiuto che, alcuni, innalzano dai pronto soccorso a causa del progressivo abbandono del personale medico esperto (quello che per inciso non vedrebbe nulla di male in una valorizzazione di altro personale che gli permettesse di dedicarsi alle questioni in cui il medico realmente fa la differenza), in cerca di lidi più tranquilli e, perché no, remunerativi.
Fino a quando potremo assistere al voltarsi dall’altra parte di chi, questi temi, dovrebbe maneggiarli con sapienza e visione invece di trovare soluzioni tampone che sono spesso peggiori del problema?
Non si intravedono reali variazioni di rotta che, in ogni caso, per poter essere efficaci, non potrebbero in nessun caso prescindere da una azione decisa di riorganizzazione della medicina territoriale, oltre che da una reale valorizzazione di quest'ultima, fatta di formazione, dotazioni tecnologiche e assegnazione ad essa di una vera leadership di team estesi multiprofessionali che vadano oltre le piccole grandi conquiste delle singole professioni ma siano mosse da una visione di sistema.
In questo senso, credo sia ora di dirlo con chiarezza, è evidente la assoluta mancanza di volontà di muoversi verso un cambiamento.
Si può parlare, poi, dell’annosa questione degli autisti soccorritori. La faccenda pare essersi tristemente arenata, ad un certo punto, sui disaccordi riguardanti le ore di formazione (comunque poche, troppo poche se si vuole creare una figura professionale credibile). Ma il punto sta, forse più realisticamente, sulla diversa vision tra i promotori del concetto di “autista soccorritore” e quelli che, invece, vogliono normare il “soccorritore”. Non si tratta di un mero problema semantico ma, al contrario, di un fatto sostanziale. Il primo è senz’altro una figura tecnica, con alcune attribuzioni sanitarie ausiliarie. Si può dire lo stesso del secondo? Forse no, ed in questo senso i sanitari, in primis, dovrebbero vigilare molto bene sulle direzioni che si vanno a percorrere, invece di andare in appoggio aprioristico e forse troppo poco ragionato, come alcuni paiono fare, per valutare molto bene quali ricadute simili scelte potrebbero avere sul sistema tutto e su alcune professioni sanitarie in particolare, in primis su quella infermieristica.
Ovvio però, al netto di quanto sopra, che esiste una fetta di operatori dell’emergenza territoriale, gli autisti soccorritori, che attendono da troppo tempo, invano, una risposta che normi in maniera definitiva il loro status. Attendere ancora non è più accettabile.
Che dire poi del problema aggressioni? Un fenomeno in aumento di cui AIES ha scelto di occuparsi, insieme ad altre associazioni e società, creando l’hashtag #ProfessioneSiCura e iniziando un percorso di condivisione di temi e proposte.
Ma il tema aggressioni ha molto a che fare con quello del benessere organizzativo, inteso come la capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori che operano al suo interno.
In questo senso è fondamentale la presenza, oltre che di tutte quelle risorse che possano fungere da deterrenza per il fenomeno “aggressione”, che non è mai accettabile e giustificabile, di personale che possa intercettare le situazioni di malessere e burnout nel personale. Le due cose non sono scisse. L’ingresso degli psicologi nel sistema di emergenza a tutela in primis del personale, che è il bene più prezioso dell’organizzazione sanitaria, non è più procrastinabile ma è, al contrario, mandatorio.
Anche il ruolo del volontariato nel sistema avrebbe probabilmente la necessità di essere ridefinito, a fronte di un peso su di esso che diventa sempre maggiore sia in termini di responsabilità che di richiesta di operatività, in una situazione che vede a livello nazionale una contrazione dell’adesione all’associazionismo crescente rispetto al ventennio precedente.
Questi sono alcuni dei temi sul tavolo e all’attenzione del nostro Direttivo. L’autunno vedrà AIES crescere e diventare sempre più protagonista su queste tematiche.
Continueremo con la formazione, di qualità, che abbiamo stabilito nel nostro PAF. Porteremo avanti progetti di ricerca, che già stanno partendo, continueremo a tessere relazioni con le altre società di area, sia scientifiche che tecniche, per promuovere un pensiero comune che rafforzi le posizioni di tutti, e con la politica..
AIES nasce per questo e per tanto altro ed è, a oggi, l’unica società di area che raccoglie in se tutti gli attori dell’emergenza urgenza. Insieme la faremo crescere e le daremo forza.
Buona estate a tutti!
Roberto Romano
Presidente AIES
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