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Nota del Presidente AIES riguardante gli ACAI in regione Piemonte




Come qualche attento osservatore ha giustamente notato in questi giorni, lo stop, inatteso ma non troppo, che la Regione Piemonte ha voluto dare agli algoritmi clinico assistenziali (ACAI) appena varati rischia di diventare materia esplosiva, i cui effetti potrebbero andare ben oltre rispetto ai confini regionali.


Credo che sia bene ricordare come, di fatto, ad oggi, tutto l'agire infermieristico in emergenza territoriale sia ancora basato, in tutto il territorio nazionale, su quanto sancito dall’ormai celebre DPR del 27 Marzo del 1992.


Ovviamente in molti, da più parti e a più riprese, da almeno quattro anni a questa parte, ci siamo espressi affinché quel DPR, ormai non più rispondente alla realtà operativa in atto e alle variazioni della professione infermieristica in particolare, fosse superato. Le promesse si sono sprecate da ogni genere di pulpito ma, ad oggi, pare francamente lontano il giorno in cui verrà dato seguito alle parole e si vedrà realmente mutare il sistema nella direzione di un giusto impiego, e valorizzazione, di tutte le figure che in esso operano, regolando finalmente l'agire di medici, infermieri, autisti soccorritori (che aspettano ancora il riconoscimento del ruolo), personale tecnico e volontario.


In questa mancanza generale di presa di coscienza e responsabilità politica, riguardo un gap normativo ormai evidente, affondano le radici di episodi come quello del Piemonte. Questo è solo l’ultimo di una lunga serie che, per inciso, non ha mai portato fortuna ai detrattori della figura infermieristica nel setting di assistenza in emergenza urgenza.


Potrei dilungarmi dicendo che sono ormai ben note le regioni ove gli infermieri, già da moltissimi anni, agiscono su procedure più o meno simili a quelle presentate in Piemonte. La notizia da dare, forse, starebbe nel fatto che non sono noti contenziosi a riguardo per malpractice e, nota ancora più interessante, non si conoscono dati di outcome negativo, o anche solo peggiorativo, nei pazienti trattati autonomamente, secondo procedura, da infermieri. In alcuni casi, per la verità si hanno dati che attestano l’esatto contrario.


Eppure, si fa un gran parlare di una questione che però, obiettivamente, è molto difficilmente oggettivabile.


Ritengo che quanto accade in Piemonte abbia molto a che vedere col fatto che un sistema non possa crescere in una sola parte, ma al contrario necessiti sempre di farlo in maniera armonica, permettendo la crescita contemporanea di tutti i suoi “apparati”.

Se gli infermieri devono crescere, si deve quindi spostare verso l’alto anche l’asticella dei medici, in termini di attribuzioni operative e di formazione. In caso contrario questi ultimi vedranno solo una “invasione di campo” e reagiranno, come stanno facendo, con anticorpi.


Non si può fare a meno di crescere insieme, e questa è la filosofia primaria di AIES.


Le procedure inserite negli ACAI sono generalmente ben scritte e rispondenti alle buone pratiche e alle linee guida. Dalla lettura della delibera risultano essere stati compiuti una serie di passaggi istituzionali di confronto preventivo. Difficile comprendere, quindi, cosa abbia portato al ritiro.


Come AIES riteniamo che la partita sia troppo delicata, a causa delle possibili ripercussioni nazionali, perché la discussione resti all’interno della regione Piemonte. Per questo siamo intenzionati a capire se la condivisione del percorso sia stata realmente effettuata come attestato in delibera. Se così fosse, e al momento non abbiamo elementi per pensare il contrario, ci si troverebbe di fronte ad un incomprensibile corto circuito istituzionale che molto, verosimilmente, avrebbe a che vedere con la politica e con le lobbies professionali che intorno ad essa operano, e ben poco con le evidenze scientifiche.


Da un punto di vista professionale riteniamo che i tempi siano maturi per superare il concetto di algoritmo, che lega comunque il professionista ad azioni codificate strettamente, ma che si debba iniziare a ragionare di competenza specifica e certificata, portando il professionista ad agire in base a quelle che siano le proprie competenze, conoscenze e alle linee guida, come peraltro chiaramente previsto dalla Legge Gelli-Bianco, svincolandolo dall’ombrello di responsabilità di altri professionisti, spesso neppure presenti, come nel caso dei medici di centrale operativa, cui non è a nostro avviso corretto richiedere nulla più di una consulenza in remoto, situazione questa ben differente da atti prescrittivi o autorizzativi compiuti a distanza.


Quest’ultimo fatto, forse, sarebbe un atto rivoluzionario che darebbe vera autonomia al personale infermieristico. Quell'autonomia richiesta a gran voce da alcune parti professionali, che però paiono tendere più verso la figura di un paramedico che a quella di un infermiere, ma soprattutto quella di cui, ormai, il sistema ha un imprescindibile bisogno per poter sopravvivere.


Riteniamo che, stante quanto accade, sia necessario andare avanti nell’esperienza degli ACAI, portando il massimo livello di condivisione con tutti gli attori coinvolti, nella necessità di dare risposte operativamente sensate, sicure ed in linea con le linee guida internazionali alla popolazione del Piemonte. Allo stesso tempo evitando, con prese di posizione avventate, da un lato, e con mosse che non tengano correttamente conto del contesto in cui vengono compiute, dall’altro, di mettere in discussione indirettamente anche realtà dove da anni gli infermieri operano in sicurezza, con ottimi risultati e con il totale apprezzamento delle persone assistite e dei professionisti stessi del sistema di emergenza urgenza.


AIES, società composta da medici, infermieri e da tutte le figure operanti nel sistema di emergenza urgenza nazionale, è a disposizione per dare il proprio contributo alla discussione, ove richiesto, e vigilerà attentamente sugli sviluppi di una situazione che non può divenire nuovamente miccia di uno scontro tra professioni che non deve riaccendersi.

 

Il Presidente AIES

Roberto Romano



 

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