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Dopo il convegno di Firenze, una riflessione su di noi...

Aggiornamento: 12 giu




Dopo la giornata di oggi, ricca di suggestioni, emozioni e momenti di riflessione sul nostro agire e sul nostro essere operatori sanitari, vogliamo ringraziare la Regione Toscana, in particolare il Presidente della Commissione Sanità Regionale, Enrico Sostegni e OPI Firenze Pistoia per aver reso possibile l'evento. Un ringraziamento anche all'Ordine dei Medici di Firenze e a quello degli Psicologi della Toscana per aver concesso il patrocinio ed aver partecipato con la presenza dei rispettivi Presidenti. Grazie anche ai relatori, tutti di altissimo livello, che con il loro apporto hanno contribuito a realizzare uno degli eventi più importanti che AIES ha proposto dalla sua fondazione.

Desideriamo, alla fine di questa giornata, portare a tutti Voi un pensiero, una riflessione. Perchè gli operatori dell'emergenza sono prima di tutto persone.....e le persone non vengono mai toccate dalla sofferenza altrui senza che questa, in qualche modo, gli si attacchi addosso.


 

"Ci sono tre facce del fine vita: c’è la persona che ”sceglie” di andar via, c’è tutta la sua rete familiare e sociale che resta e ci sono i professionisti.


Per i malati terminali c’è il sostegno psicologico, c’è per i familiari, ma manca sempre per chi si prende cura dell’altro.

Come se i professionisti sanitari, nascosti dietro le loro divise, non avessero emozioni, come se quegli attimi, quelle scelte, quella responsabilità non avessero un peso.


Ma le divise solo illusoriamente ci proteggono. Sono come un k-way: ci illudiamo di esserci protetti dall’uragano, ma una volta a casa scopriamo un buco, un buco da cui è entrata l’acqua che ci ha bagnato.


Per i professionisti, quell’acqua è il peso della responsabilità tecnica nella gestione del

Fine vita: fare una dose di morfina in più, una benzodiazepina in più, cambiare la posizione in modo da influenzare il respiro.


È la responsabilità, in emergenza, di scegliere di essere il veicolo di un’assenza nella vita di qualcun altro: è il professionista che sceglie di rianimare o meno una persona.

Ma quella scelta, fatta in pochi istanti, sarà vista come l'atto che creerà una voragine nella vita di un altro. E poco importa se la razionalità ci dice che abbiamo fatto “tutto il possibile”. Nella storia di quella famiglia, il professionista resterà sempre la persona che ha lasciato andare il loro caro, per sempre.


E poi c’è la solitudine di quella scelta: a volte non condivisa con un team, non condivisa con un collega, non condivisa tra le mura domestiche. Il professionista sanitario è solo con un’emozione che impatta su tutto ciò che è la sua vita professionale: il dolore del paziente, il dolore della famiglia, la morale, l’etica, la deontologia.


È giusto o sbagliato? In un mondo binario, ciò che io faccio è giusto oppure no?

E la solitudine crea dubbi, domande senza risposta, crea isolamento…


A chi posso chiedere se ho fatto la scelta giusta, con chi posso condividere quell’istante che cambia la vita di altri?


Ma no, il supereroe dell’emergenza non ne ha bisogno.

I professionisti del 118 non provano emozioni.

Sono distaccati.

La divisa li difende.

Non hanno bisogno di sostegno psicologico, perché dallo psicologo ci vanno “i matti”.

Non hanno bisogno di disinnescare, di prevenire, non hanno nè bisogni nè emozioni.


Davvero?"


Alessandra S.Schiavoni

Psicologa Psicoterapeuta- Consigliere Nazionale AIES


 

Grazie a chi c'è stato e, per chi non c'era.......alla prossima!


Il Consiglio Direttivo Nazionale AIES


 

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